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Avete mai sentito parlare dei Paracheirodon? Forse no, ma sicuramente li conoscete con i loro nomi comuni: Tetra Neon (Paracheirodon innesi) e Tetra Cardinale (Paracheirodon axelrodi).


Nell’immensa famiglia dei Caracidi, che attualmente conta quasi 1200 specie, esiste un genere che ne ha soltanto tre: i Paracheirodon.
Per adesso, mi limito ad elencarli in ordine alfabetico: Paracheirodon axelrodi (pesce cardinale), Paracheirodon innesi (pesce Neon), Paracheirodon simulans.

Paracheirodon classificazione pesce neon cardinale

Alla pubblicazione di questo articolo, negli ambienti scientifici si discute di una quarta specie, che sembra sia stata scoperta recentemente.
In questa trattazione non ne parleremo affatto, perché non ci sono ancora certezze sulla classificazione. Ci limitiamo quindi a parlare dei tre già citati.

Il numero sembra insignificante, rispetto ai quasi 60 Hemigrammus ed agli oltre 100 Hyphessobrycon; tuttavia, i Paracheirodon sono senz’altro i pesci più diffusi in acquariofilia, quantomeno negli acquari tropicali. Forse vengono battuti soltanto dai Carassi, che però sono pesci d’acqua fredda.

Questi primati appartengono in particolare ai primi due, che quasi tutti conosciamo con il nome comune di Tetra Cardinale (Paracheirodon axelrodi) e Tetra Neon (Paracheirodon innesi). Il simulans si incontra molto più raramente, quasi tutti i negozi lo offrono solo su ordinazione.

In futuro verranno proposte delle schede sintetiche, su tutte e tre le specie, ma c’è un motivo molto preciso se abbiamo deciso di iniziare a parlarne proponendo un articolo: la classificazione di questi pesci.
È una storia piuttosto avvincente, che coinvolge diversi scienziati e merita una trattazione estesa.

Del resto, con l’indice in basso, nessuno è costretto a leggerla.
A chi non è interessato basterà un click, per passare direttamente ai capitoli sulle caratteristiche dei pesci; ma almeno una volta, vi consiglio di dedicare qualche minuto al primo capitolo…
Già… il primo… perché è proprio dalla classificazione che andremo ad iniziare.

Prima di lasciarvi alla lettura, desidero ringraziare Saxmax, per aver fornito alcuni preziosi contributi alla stesura dell’articolo.

Indice dei contenuti, clicca e vai all’argomento di tuo interesse:

La complessa classificazione

La diffusione del Neon (Paracheirodon innesi), come pesce d’acquario, comincia negli anni ’30 del ‘900, quando diventa immediatamente un protagonista in allestimenti di tutto il Mondo.
Ancora oggi, è probabilmente il più comune, forse anche per il prezzo del pesce neon che è uno dei più bassi del mondo acquariofilo.
Il Cardinale, invece, appare circa 20 anni più tardi, il simulans quasi 30.

In realtà, solo nel 1983 hanno assunto i nomi con cui li chiamiamo oggi.
Ma così non ce la facciamo… è meglio se andiamo per ordine.

Il Pesce Neon (Paracheirodon innesi)

Nel 1936, un ricercatore appena trentenne classificò per la prima volta un grazioso pesciolino peruviano, quello che oggi chiamiamo “Neon“.

Il suo nome era George Sprague Myers

G.S.Myers
G.S.Myers

…in seguito, sarebbe diventato uno dei massimi riferimenti mondiali, per noi acquariofili: Presidente della Società Americana di Ittiologia, nonché capo del Dipartimento Pesci al Museo Nazionale degli Stati Uniti.

La passione per lo studio dei pesci gli era stata trasmessa dal suo mentore: William Thornton Innes (il cognome ci ricorda qualcosa…), un vero pioniere dell’aquariofilia, fondatore ed editore della più prestigiosa rivista di settore di quell’epoca.

Il legame tra i due era molto forte, tanto che Myers decise di dedicare proprio ad Innes la sua prima scoperta, che pertanto si chiamò Hyphessobrycon innesi.
Il pesce che vedete qui sotto, o in qualunque negozio di acquaristica:

Paracheirodon innesi (neon)

Quel nome venne mantenuto per 34 anni; poi, il grande Jacques Géry creò il genere Paracheirodon, che deriva dal Greco e significa “simile al Cheirodon“.

Da allora, il pesce si chiama Paracheirodon innesi, e va precisato che dal 1960 al 1983 fu l’unica specie di questo nuovo genere.

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Ma perché “simile al Cheirodon?… Che cos’è il Cheirodon?
Bella domanda!… E qui andiamo a smuovere un vespaio…

Il Pesce Cardinale (Paracheirodon axelrodi)

Alcuni anni prima, nel 1952, alcuni ricercatori avevano scoperto un pesce dall’aspetto simile nel Rio Negro, quasi 2000 km più a Est: quello che tutti noi chiamiamo Cardinale.

Cardinale Paracheirodon axelrodi
(Licenza Creative Commons)

Ci vollero 4 anni, fino al ’56, prima di dargli un nome; e alla fine ne ebbe addirittura due!…
…Con tanto di cause legali.

Gli esemplari catturati vennero inviati contemporaneamente a due ittiologi:
– Uno era George Myers (sempre lui) che all’epoca lavorava all’Università di Stanford.
– L’altro era Leonard Peter Schultz presso la Smithsonian Institution a Washington.
Eccolo qua:
Leonard Peter Schultz Ognuno dei due scienziati lavorò senza essere a conoscenza degli studi dell’altro, ed arrivarono a conclusioni diverse.

– Secondo Myers, anche il nuovo pesce rientrava nel genere Hyphessobrycon; del resto è piuttosto logico, vista l’estrema somiglianza con il Neon.
Di conseguenza, Hyphessobrycon cardinalis fu il nome che scelse per la nuova specie.

Schultz, invece, propose l’introduzione di un nuovo genere (Cheirodon), basandosi sullo studio della dentatura.
Il pesce venne chiamato Cheirodon axelrodi, in onore di Herbert Axelrod, un discusso imprenditore editoriale con la passione per i pesci tropicali.

Con ogni probabilità, le donazioni di Axelrod, alla Smithsonian Institution, ebbero un certo peso nella scelta di Schultz.


Piccola curiosità: vi ricordate di Innes, il mentore di Myers?…
E’ curioso come lui ed Axelrod fossero stati avversari in una causa legale, negli anni precedenti, per una storia di diritti d’autore.
In un epoca in cui la fotografia produceva immagini di pessima qualità, alcuni disegni di Innes (di altissimo livello) vennero pubblicati da Axelrod.

Per chi volesse saperlo, il giudice diede ragione ad Innes, ma la cosa più interessante è come i loro destini si siano incrociati…
Oggi abbiamo i due pesci più diffusi in acquario, in tutto il Mondo, che nei loro nomi riportano la dedica a due avversari che per anni litigaroro in Tribunale…

Vabbè… torniamo a noi…


La diatriba tra Schultz e Myers finì davanti alla Commissione per la Nomenclatura Zoologica, che diede ragione a Schultz.
Risultò che la sua pubblicazione fosse in anticipo… per appena due settimane.
E’ comunque evidente come il nome scelto da Myers (Hyphessobrycon cardinalis) sia stato senz’altro preferito, tra gli acquariofili.

Ma… esattamente, che accidenti significa “Cheirodon“?
Anche in questo caso, il nome deriva dal Greco: cheir (=mano) e odon (=dente).
Come già detto, Schultz dedicò particolare attenzione alla forma dei denti di questi pesci.

Ritornando al Paracheirodon innesi, anche Géry studiò con attenzione quelle dentature, e proprio per questo ritenne che il Neon doveva appartenere ad un altro genere.

Il Green Neon (Paracheirodon simulans)

Fu proprio Jacques Géry, sempre lui, a classificare il simulans, nel 1963.

Jacques Géry
Jacques Géry

Fino ad allora, la somiglianza con il Cardinale faceva pensare alla stessa specie, anche per motivi geografici.
A differenza del Neon, infatti, vive in habitat vicinissimi a quelli del cugino, anche se in Natura è difficilissimo vederli insieme.
Paracheirodon simulans
Furono i soliti denti, ancora una volta, a convincere lo scienziato che si trattava di una specie distinta.
All’epoca, la dentatura del pesce era ritenuta importantissima per la classificazione.
Lo abbiamo già visto con gli altri due: non cambiava solo la specie, ma addirittura il genere.

Fu così anche per il “Green Neon”, che venne chiamato Hyphessobrycon simulans.
Il termine “simulans” si riferisce proprio alla sua somiglianza con il Cardinale, che per anni aveva confuso i ricercatori.

Il gran finale

Fino al 1983, i tre pesci appartenevano dunque a tre generi diversi: Cheirodon axelrodi, Paracheirodon innesi ed Hyphessobrycon simulans.

In quegli anni, vari scienziati contestarono tale classificazione; ci furono alcune controversie che ci trasciniamo dietro ancora oggi, nei loro effetti.
Madsen e van Ramshorst sono forse i più noti: il primo sostenne che axelrodi ed innesi dovessero essere collocati entrambi nel genere Cheirodon; il secondo propose la stessa unificazione, ma nel genere Paracheirodon.

Per fortuna, dall’83 le cose sono diventate più chiare e più semplici
Secondo Stanley Weitzman e William Fink, tutte e tre le specie appartengono allo stesso genere: il Paracheirodon. Compreso anche il simulans.

Ai giorni nostri, il Mondo accademico è tutto schierato per tale nuova classificazione, che ormai regge da 30 anni.
Anche perché, nel frattempo, i protagonisti della storia sono deceduti: Myers nel 1985, Schultz nel 1986, Géry nel 2007.
Ciò nonostante, l’acquariofilia si evolve piuttosto lentamente. Quindi non stupitevi se trovate ancora i vecchi nomi, in qualche negozio.

Descrizione del Paracheirodon

I tre Paracheirodon sono caratterizzati dalla stessa forma, dagli stessi colori e da quasi le stesse dimensioni.
Prima di iniziare, voglio precisare alcuni punti a beneficio dei principianti, a cui questo capitolo si rivolge. I più esperti non hanno bisogno di me, per riconoscere un Cardinale da un Neon.

  • La forma può essere più o meno… “tondeggiante”, come per qualsiasi altro animale, in virtù dell’alimentazione.
    Tra i pesci non è evidente come tra gli uomini, ma è noto come certi Cardinali diventino “paffutelli”, quando il padrone ha la mano pesante con i mangimi.Approfitto per ricordare un dettaglio: quello che i pesci mangiano in un giorno, in molti dei nostri acquari, in Natura talvolta lo mangiano in una settimana.
  • I colori possono essere più o meno accesi, secondo la luce, l’acidità, una condizione di pericolo, di stress, di malattia, ecc.
    Appena trasferito dal negozio, un Neon può perdere quasi completamente il colore rosso, a causa del viaggio in macchina, della cattura e del cambio di ambiente.
    Anche il colore azzurro si attenua parecchio, nella circostanza.
    Questi scolorimenti sono comuni a molte specie; non riguardano solo i Paracheirodon.
  • Le dimensioni, come è ovvio, dipendono anche dall’età del pesce.
    Vedendo un esemplare in un negozio, non sappiamo da quanto sta lì.
    Quando avevo dei Cardinali giovanissimi, insieme ad esemplari di oltre un anno, amici e conoscenti credevano fossero di specie diversa.

In sostanza, l’unico modo per identificarli è guardare il pesce quando è tranquillo ed in buona salute, osservando la distribuzione dei due colori principali, in particolare il rosso.
Riprendiamo l’immagine introduttiva, dove abbiamo sovrapposto tre magnifici esemplari:
Paracheirodon - Il genere

Vediamo chiaramente che il Cardinale (Paracheirodon axelrodi) copre buona parte del corpo con la zona rossa.
Quella striscia parte dalla testa, per poi estendersi fino a metà della pinna caudale.

Negli altri due, il rosso si ferma al peduncolo caudale, mentre la pinna resta semitrasparente.
Nel caso del Neon (Paracheirodon innesi), la striscia rossa prende solo metà del corpo.
Sul Paracheirodon simulans, il colore rosso si estende fino alla testa, come per il Cardinale, ma risulta molto meno evidente.

Tutti e tre hanno una lunghezza di 35 mm circa, compresa la coda.
Si va dai 28-30 mm del simulans maschio, fino ai 40 della femmina di axelrodi.
In tutte e tre le specie, la femmina tende a diventare leggermente più grande, ma l’unico segno evidente di dimorfismo sessuale è il gonfiore della pancia in fase di riproduzione, dovuto alle uova che la femmina sta per deporre.

Riutilizzo ancora la stessa immagine, per mostrare la pinna adiposa, caratteristica distintiva della famiglia dei Caracidi.

Pinna adiposa Non ci sono certezze sull’utilità di tale ottava pinna.
Alcuni esperti sostengono che migliori la stabilità nel nuoto orizzontale, ma si tratta solo di un ipotesi.

Quello che sappiamo è che, tra i nostri pesci d’acquario, solo i Caracidi ce l’hanno; l’appartenenza alla famiglia è legata proprio alla sua presenza.


Concludo questo capitolo sull’aspetto dell’intero banco, ben più importante del singolo esemplare, sia sull’effetto visivo che danno a noi, sia sulla naturalezza del loro comportamento.

Come la maggior parte dei Caracidi, i Paracheirodon formano gruppi numerosissimi.
In Natura sono state osservate comunità di parecchie centinaia di esemplari.
E’ dunque innaturale, per loro, stare in gruppetti di 4-5; per questo motivo ci si sente consigliare di prenderne almeno 10.

Per esperienza diretta, devo precisare che tale numero è appena sufficiente; probabilmente deriva dal fatto che non tutti dispongono di acquari da 200-300 litri, dove ospitarne 70-80 esemplari.
Tuttavia, quando capita di vederli in gran numero, ci si accorge di tutt’altra vivacità.
Anche i colori risultano più accesi, tutto il banco offre uno spettacolo più naturale ed accattivante.

Gruppo di Paracheirodon

Ovviamente, questo aspetto riguarda soprattutto il benessere dei pesci, non il loro aspetto decorativo.
Ma è un esempio evidente di come le due cose siano correlate.

Passiamo dunque agli habitat naturali, per capire come vivono nei luoghi di provenienza.

I luoghi d’origine

Abbiamo già visto che axelrodi e simulans vivono negli stessi fiumi, in ambienti vicinissimi tra loro, mentre non è così per il loro parente innesi.

Partiamo quindi da lui, il Neon, isolandolo anche nell’articolo, come nella Geografia.

La zona di diffusione principale è intorno al corso inferiore del Rio Putumayo, in corrispondenza dei confini geopolitici tra Perù, Colombia e Brasile.

Diffusione del Neon in Amazzonia
Diffusione del Neon in Amazzonia

Nello stesso territorio, è molto diffuso anche in altri affluenti minori del Rio delle Amazzoni, che in quel tratto viene chiamato Rio Solimoes dai brasiliani.
In epoca più recente, i ricercatori hanno individuato una forte presenza di Neon anche nel bacino del Rio Purus.

È piuttosto raro trovare i P. innesi nei rami principali dei fiumi. La loro diffusione è ben maggiore nei piccoli affluenti della foresta, dove l’abbondante vegetazione ostacola il passaggio della luce solare.
Per tale motivo, quei corsi d’acqua appena scesi dalle alture hanno una temperatura piuttosto bassa (18-22 °C), rispetto alle zone più a valle.

Le acque sono spesso ricche di acidificanti, come torba e tannini.
Nelle numerose zone pianeggianti assumono un colore scuro, in virtù dell’assenza di corrente che rende l’acqua stagnante.
Il Neon si adatta benissimo a tali condizioni, con durezza vicino a zero ed acidità che può arrivare sotto pH 5.
È stato però individuato, in banchi numerosi, anche in zone ben diverse, con acque chiare e più movimentate, a valori di pH vicino a 7.

Neon - Paracheirodon innesi in gruppo

Rispetto agli altri Paracheirodon, è l’unico che sembra adattarsi a questa variabilità di condizioni.
Se sommiamo questa caratteristica alla temperatura più fredda, non c’è da stupirsi che sia stato il primo ad essere tenuto in acquario con successo, in epoche in cui la tecnologia era ben lontana da quella di oggi.

I suoi cugini invece, axelrodi e simulans, vivono in zone con valori decisamente più stabili:

Diffusione Paracheirodon axelrodi Cardinale
Diffusione del P. axelrodi e del P. simulans

Per entrambi, il punto di riferimento sembra essere il Casiquiare, un canale naturale che collega il Rio Negro con l’Orinoco.
Sono infatti diffusi in entrambi i bacini idrici, soprattutto il Cardinale.

Nonostante condividano la stessa area geografica, è quasi impossibile trovarli insieme.

– L’axelrodi sembra essere un tantino più… elastico, nelle condizioni ambientali; probabilmente è questo che lo rende più comune, sia in natura che in acquariofilia.

– Il simulans, invece, sembra cercare le condizioni più estreme.
Difficilmente lo troviamo sopra pH 5; la sua presenza è massiccia solo nelle zone più stagnanti, con acque così calde e acide che nessuna pianta acquatica riesce a svilupparsi.

Anche il Cardinale riesce a vivere a quei valori, ma non li cerca continuamente.
Lo troviamo tranquillamente anche in zone a pH 6-6.5, con un certo movimento ed una temperatura che può scendere a 24-25 °C.
In tali condizioni, l’axelrodi sembra trovarsi perfettamente a suo agio, mentre del simulans non c’è traccia.

Lui cerca i 30 °C ed anche più, nell’acqua bassa e ferma, a latitudini dove il Sole spacca le pietre.
I fondali sono ricoperti di foglie e legni marcescenti, che rilasciano tannini in quantità industriale.
È stato trovato in grandi comunità a pH 3.5, lasciando di stucco i ricercatori che studiavano quegli habitat.

Biotopo di acque scure
Panorama del Casiquiare

Anche se siamo in Amazzonia, non sono comunissime le specie che arrivano a quei livelli di acidità.
Molte ci possono arrivare, questo sì, anche gli stessi Cardinali e Neon…
…Ma il simulans ci vive stabilmente! A tal punto da passare l’intera vita su quei valori, impensabili per noi acquariofili.

Diffusione commerciale

Ora che sappiamo dove si sono evoluti, sarà facilissimo capire che…

  • I Neon che troviamo nei negozi vengono tutti da allevamenti. Per noi Italiani sono generalmente quelli dell’Europa orientale.
  • Anche i Cardinali vengono allevati, ma spesso si trovano esemplari di cattura che hanno quasi lo stesso prezzo.
  • I simulans non li alleva nessuno: sono tutti di cattura.
    Non solo il costo è ben più alto, ma normalmente bisogna farseli ordinare.
    È rarissimo che un commerciante li tenga in negozio, se non sono già venduti.

Personalmente, non posso che essere lieto dello scarso successo del simulans, in acquariofilia.
I valori estremi in cui vive, nel Casiquiare e dintorni, lo rendono poco adatto ai nostri acquari. La vita si rivela spesso molto breve, per la stragrande maggioranza di quelli pescati.
Molti arrivano già morti, dopo due giorni di viaggio dal Venezuela, parecchi altri muoiono nelle vasche dei negozi, dove quasi sempre vengono tenuti nelle nostre acque di rubinetto.

Per farne arrivare uno vivo, nel nostro salotto, generalmente ne devono morire 4 o 5.
E anche quelli che arrivano fino a noi, non finiscono certo in un acquario a pH 4.

Anche il più robusto Cardinale, quando arriva qui dall’Amazzonia, si rivela decisamente più delicato degli esemplari d’allevamento.

Ma sulle loro esigenze, è meglio aprire un nuovo capitolo.

L’acquario dei Paracheirodon

Abbiamo visto come il simulans sia un pesce da sconsigliare, per il comune acquario domestico.
Per lui ci vorrebbe un allestimento speciale, di tipo OTRAC (oligo-tropico-acido), ma si tratta di una gestione da super-esperti, che normalmente viene riservata a specie considerate più… “importanti”, come S. discus e P. altum.

Per qualche strano motivo, quando un pesce costa 150 Euro viene considerato meritevole di un ambiente adeguato, mentre ad un piccolo Caracide nessuno concede gli stessi diritti.
Su Acquariofilia Facile cerchiamo di contrastare tale atteggiamento, ma cambiare il Mondo non è un’impresa facile.

Vediamo dunque di concentrarci sulle due specie più comuni: Cardinali e Neon, iniziando da ciò che li accomuna.

Per entrambe le specie, occorre un acquario da almeno 60-80 litri, a dispetto delle ridotte dimensioni dei pesci. Hanno infatti una notevole esigenza di nuoto, oltre alla necessità di formare gruppi numerosi.
Si spostano continuamente da un lato all’altro della vasca, offrendo anche un notevole effetto scenico a chi li osserva.
Vanno evitati i cosiddetti “cubi”; la vasca dovrebbe essere sviluppata soprattutto in lunghezza, proprio per favorire i loro continui spostamenti.

I risultati migliori si ottengono con un acquario dedicato, allestito solo per loro, ma purtroppo è rarissimo che qualcuno adotti tale soluzione.
Per qualche motivo, questi pesci di piccola taglia vengono considerati come una “cornice” per specie di maggiori dimensioni, in particolare lo Pterophyllum scalare.
Se da un lato può essere positivo, perché ci costringe a tenerli in vasche più grandi, non dobbiamo dimenticare che in natura questo Ciclide ha, nel piccolo Caracide, una delle sue prede abituali.
Cardinali e scalari

Potrebbe andare tutto liscio per un anno, due, forse tre… ma può capitare che un bel giorno, negli “Angelfish”, si risvegli un istinto ancestrale.
Da quel momento, per il povero piccolo Paracheirodon, potrebbe iniziare un brutto periodo.
Come se un gruppetto di noi dovesse vivere in uno spazio recintato… insieme ad un Leone maschio adulto da 250 kg.

L’acquario per il Neon

Il Paracheirodon innesi è normalmente più facile da allevare in acquario, perché non richiede valori chimici estremi e vuole una temperatura più bassa.
Digraziatamente, proprio la temperatura diventa il suo punto debole.

Sappiamo bene che i mesi estivi possono portare i nostri acquari a superare i 30 °C, e questo può essere letale per lui.
Se non si dispone di aria condizionata, ci sono alcuni trucchi per abbassare la temperatura, ma talvolta non bastano.
Neon Paracheirodon innesi

La terribile Estate 2011, ad esempio, mantenne la mia abitazione oltre i 30 °C per quattro mesi ininterrotti, con brevi periodi sopra i 35.
Feci il possibile per refrigerare l’acquario, ma a Settembre… i miei Neon erano tutti morti.
Si era salvato soltanto un Cardinale, finito nel mio acquario per un errore del negoziante…
…e non si tratta di una casualità!

L’acquario per il Cardinale

Il Paracheirodon axelrodi vive infatti a temperature ben più alte, come abbiamo visto nel capitolo precedente. Non ha alcuna difficoltà a tollerare il caldo di Luglio.

Proprio per questo motivo, viene considerato il compagno ideale del discus.

Cardinali discus

Questo ciclide, nonostante le sue dimensioni, non è affatto un pericolo per il piccolo caracide.
A differenza dello scalare, non è un temibile predatore dallo scatto felino.
Si tratta di un pesce molto statico; anche quando nuota, la velocità non è certo il suo punto di forza.

Talvolta, durante la somministrazione di mangimi, capita di assistere a scene divertenti.
Un frammento di cibo, a 2-3 cm dalla bocca del “gigante”, viene sottratto da un piccolo Cardinale che ci piomba come un fulmine, da un palmo di distanza.

Tra l’altro, le due specie condividono anche gli stessi valori di pH e di durezza. Non è un caso che vengano entrambi considerati “delicati”, nelle nostre acque.

Altri abbinamenti

Abbiamo già detto, in un paragrafo precedente, che i Paracheirodon danno il meglio di sé in un acquario dedicato, al massimo con Ancistrus o con altri pesci da fondo.
Tuttavia, per chi proprio volesse una maggiore diversificazione, un acquario da 80-100 litri può ospitarli insieme ad alcuni Ciclidi nani.

Per le differenze di valori, di cui abbiamo già parlato, il Neon si abbina con successo all’Apistogramma cacatuoides

Apistogramma cacatuoides
Maschio e femmina (licenza Creative Commons)

…mentre per il Cardinale sarebbe preferibile l’Apistogramma agassizii
Apistogramma agassizii

Non è un caso che anche in Natura, talvolta, condividano gli stessi habitat.

Bisogna sottolineare che tali convivenze, in acquario, rendono estremamente difficili le riproduzioni dei Ciclidi.
Quelle uova vengono viste come un cibo prelibato, da parte di qualunque Caracide; i Paracheirodon non fanno eccezione.

Ovviamente, gli Apistogramma non staranno a guardare; cercheranno in ogni modo di difenderle. Tuttavia, è quasi impossibile mantenere una sorveglianza costante giorno e notte, contro una ventina di ladruncoli che approfittano di ogni minima distrazione.
Nei miei acquari, nemmeno i maestosi scalare  riescono nell’intento, contro quei piccoli diavoli.

Le piante

L’ampio spazio di nuoto, richiesto da questi pesci, non consente di introdurre Echinodorus o altre piante “ingombranti”, a meno che non si disponga di vasche piuttosto capienti.
Consiglio di introdurre solo piante a stelo, che possano essere potate o sfoltite con facilità, in caso di eccessiva invadenza.

L’habitat naturale di questi pesci è formato soprattutto da legni, radici e foglie secche, perché sotto pH 5.5 diventa difficile per una pianta assimilare il fosforo.
Le specie che Madre Natura consente loro di vedere, ogni tanto, sono soprattutto le due Cabomba tipicamente amazzoniche:
Cabomba aquatica per il Neon
Cabomba furcata per il Cardinale

Nelle acque più fresche del Neon troviamo anche una certa presenza di Myriophyllum aquaticum e matogrossense, mentre il Cardinale può incontrare qualche Ludwigia inclinata e zone ricche di Egeria najas.

Ovviamente, gli ecosistemi amazzonici sono molto più complessi di come li sto descrivendo qui, ma in un articolo rivolto anche ai principianti, devo necessariamente parlare di specie comunemente reperibili, nei negozi di acquaristica.

Del resto, la biochimica del Rio Negro non può essere copiata in un acquario.
Nessun filtro biologico può funzionare a pH 5, quindi bisogna sempre ricorrere a qualche compromesso.

Stando a pH 6-6.5, un buon numero di piante a stelo può arricchire l’acquario dei nostri Paracheirodon.
Consiglio comunque di mantenersi su specie endemiche, anche per ridurre la probabilità di avere fenomeni di allelopatia.
Oltre a quelle già viste, possiamo citare Alternanthera reineckii, Mayaca fluviatilis, Echinodorus tenellus, Lilaeopsis brasiliensis (non con le Cabomba).

Esempio di allestimento

A questo punto, partendo da un fermo-immagine direttamente dal Brasile…
Biotopo Cardinali

…concludo con un allestimento di esempio che considero piuttosto interessante, soprattutto per i bassissimi costi.

In una vasca da 60-80 litri, ben sviluppata in lunghezza, metteremo uno strato di Akadama che ridurrà la durezza carbonatica (KH) consentendoci di usare acqua di rubinetto.

Sul fondo, alcuni legni, bolliti solo per pochi minuti. Con il tempo rilasceranno tannini, che abbasseranno il pH e daranno una gradevole colorazione ambrata.
Nel lato opposto al filtro una manciata di foglie secche, di quercia o di castagno.

In superficie, piante galleggianti: un paio di Eichornia crassipes e qualche Limnobium laevigatum.
Saranno illuminate da una lampada da scrivania, dove monteremo una CFL da 20-25 W a 6500 K.

Allestimento amazzonico
Biòtopo Rio Negro – Foto di Emix

Ci vorranno un paio di mesi di maturazione, durante i quali consiglio di lasciare i legni al Sole, dentro una bacinella con del fertilizzante da giardinaggio.
Si copriranno di alghe, con un effetto simile a questo:

Poi, un gruppo di 20-25 Neon, oppure Cardinali, se vivete in zone calde… Finito!
Senza CO2, senza acqua di osmosi, poca potenza elettrica, pochissimi fertilizzanti, nessuna manutenzione, cambi d’acqua rarissimi…

Una spesa di 100 Euro (o poco più) vi permetterà di ricreare un pezzetto di Amazzonia nel vostro salotto, dove i pesci si troveranno benissimo.
Se non ci credete venite sul nostro forum Acquariofilia Facile per parlarne.

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