Quasi un seguito di "Breve ma ambiziosa storia di un acquariofilo"

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HCanon
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Quasi un seguito di "Breve ma ambiziosa storia di un acquariofilo"

Messaggio di HCanon » 18/09/2021, 1:36

Il testo che segue avrei dovuto postarlo in “Proponi un articolo …”, ma poiché trattasi di un “quasi” seguito di Breve ma ambiziosa storia dell’acquariofilia, sperando di non abusare troppo della vostra pazienza, ho pensato di proporvelo qui, nel “Salotto …”.

Cronache di poveri Carassi

Come Pratolini, nel suo “Cronache di poveri amanti”, raccontava dei più umili della Firenze degli anni Venti del Novecento, io proverò a raccontarvi dei più umili degli ospiti dei nostri acquari: i Pesci Rossi.

Parte I – L’inizio

Questa storia ebbe inizio circa cinque anni fa, dopo una lunga assenza dal mondo degli acquari durata almeno tre lustri. Dopo così tanto tempo lontano dal mio vecchio hobby, ero un po’ arrugginito, ma assai impaziente di riprendere a “creare” piccoli mondi acquatici.

Allestii in fretta e furia una vasca, vecchia di oltre quarant’anni, un vero cimelio sentimentale, oltre che la prova della grande affidabilità del silicone. L’acquario misurava, anzi misura, visto che è ancora funzionante, un metro per cinquanta centimetri di profondità, con una colonna di acqua di quaranta centimetri, anche se prudentemente, data la sua vetustà, riempii solo sino a trentadue centimetri.

Ma su cosa si basava la mia stima tecnica sul tenere il livello dell’acqua a 32 cm? Oh bella, occhio e istinto!

Attrezzai l’acquario con un filtro interno, inizialmente con un Bluwave 05, un vero disastro, che oltre a intasarsi in continuazione, necessitava di un bel Sanpietrino per non galleggiare; perciò, dopo un breve lasso di tempo lo sostituii con un buon Askoll Pratiko 400.

Ricoprii il fondo con ghiaia di granuleria media, arredandolo con qualche legno e sasso. Introdussi delle piante un po’ a casaccio, con un'unica certezza: ospitare un bel ramo di Potos, ottimo mangia “inquinanti”.

Una lampada a LED completava l’arredo della vasca.

Non ricordo se misurai i valori dell’acqua, tanto sapevo che a Torino non potevano discostarsi molto da un GH sui 10/11 e un pH da 7,5, valori che certo non creano problemi ai Pesci rossi.

Così, in preda al morbo dell’acquariofilo freneticus, non lasciai neanche passare il canonico mese di maturazione e dopo soli venti giorni mi precipitavo in un punto vendita di “Viridea” per l’acquisto dei pescetti.

Spesso nella scelta dei pesci da introdurre in vasca ero stato molto indeciso; questa volta invece avevo le idee chiare: intendevo acquistare quattro giovani Carassius auratus omeomorfi super normali, proprio quelli che da bambino cercavo di vincere alle giostre e che poi mi padre regolarmente pagava al giostraio. Ma quel giorno il rivenditore aveva solo Carassi varietà Cometa, quelli con le code grandi.

Una persona avveduta avrebbe rimandato l’acquisto, lasciando così la vasca maturare ancora un po’, cosa che certo non le avrebbe fatto male. E se pensate che, vecchiotto com’è l’autore di queste povere cronache, avrà sicuramente fatto la scelta più ragionevole, vi sbagliate! Con l’età non si diventa più saggi, solo più fifoni, e quindi, in preda a smania compulsiva d’acquisto, alla stregua del più novellino dei novellini acquistai quattro Carassi varietà Cometa, scegliendo degli esemplari con code non vistose, relativamente piccole. Trattavasi di esemplari giovani, sui sei o sette centimetri, belli “smilzi”, proprio come sono i Rossi al disotto dell’anno di vita.

Sapevo che per i Carassi la vasca era piccola, ma avevo già pianificato che una volta diventati troppo grandi per lo spazio a loro disposizione li avrei liberati nel laghetto artificiale di Viridea, proprio ove li avevo acquistati.

Se vi state interrogando sulla liceità di suddetta operazione, vi posso rispondere alla Camilleri: dipende?

Proprio durante l’acquisto avevo chiesto al commesso che mi stava servendo, se un giorno, troppo grandi, avrei potuto portarli nel loro laghetto. Lui mi guardò con sufficienza e sorridendomi mi disse che non si sarebbe potuto fare, ma che tanto nessuno avrebbe detto niente, d’altronde buona parte delle specie che lo popolavano: Carassi, Persico sole e Tartarughe, erano clandestini.

Così, tutto contento, tornai a casa con i miei Pesci rossi e dopo circa un quarto d’ora di acclimatamento l’introdussi nella loro nuova abitazione.

La foto sottostante è la prima che scattai e, al di là pessima qualità, mostra un particolare che necessita di una spiegazione: la rete ricoprente la vasca.
1r.jpg
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Messaggio di HCanon » 19/09/2021, 22:59

Parte I - 2

La mia preoccupazione non era che i piccoli Carassi potessero, con un salto di quasi venti centimetri, uscire dall’acquario, bensì impedire ai miei due gatti di farsi uno spuntino a base di sushi. D’altronde, facendo un salto temporale in avanti di quasi due anni, la tragedia “felina” non si compi per un puro miracolo.

Stavo armeggiando intorno alla vasca per le solite pulizie settimanali, durante le quali tenevo il coperchio di rete sollevato. Ero in bagno a sciacquare le spugne del primo strato filtrante, quando un rumore mi giunse alle orecchie, mi perforò il cuore. Iniziai a urlare precipitandomi verso la vasca, in tempo per vedere una coda sparire veloce e schizzi d’acqua un po’ dappertutto.
In preda all’angoscia mi appiccicai al vetro contando i miei Rossi, rintanati nel più lontano e nascosto degli angoli. Uno, due …, tutti, c’erano tutti: ripresi a respirare.

Dopo essermi calmato, guardando con più attenzione, notai che uno di essi portava chiaramente i segni dello scampato pericolo; la pinna dorsale era letteralmente tagliata in due oltre a un bel numero di scaglie mancanti.
Un dettaglio, all’epoca della sfiorata mattanza, i miei ospiti misuravano circa 15 centimetri senza coda.

Riavvolgendo indietro il nastro di questa storia dovetti purtroppo essere spettatore, anche senza il “contributo” dei gatti, di un evento funesto. Dopo circa due mesi uno dei giovani esemplari manifesto i sintomi di quella che a me sembrò tubercolosi e morì di lì a poco.
Certo non era un buon modo per inaugurare il ritorno all’acquariofilia, diciamo che non ero più abituato a queste schegge di dolore. Lo misi in un barattolino di plastica e con la mia compagna lo seppellimmo in giardino.

Ma basta parlare di tristi eventi, facciamo un salto al sesto mese, ove i tre Carassi superstiti avevano raggiunto i dieci centimetri di lunghezza e le piante sommerse non avevano retto alle loro attenzioni, lasciando il posto a un discreto apparato radicale del Potos.
3r.jpg
E qui devo dare una tiratina d’orecchie agli esperti per l’affermazione che non esistono pesci in grado di eliminare le alghe. Ora, posso capire le buone intenzioni, visto che gli animali ai quali viene generalmente attribuita simile capacità non sono effettivamente all’altezza della loro fama, ma da qui a dimenticarsi un vero sterminatore di alghe come il nostro Pesce rosso ne corre!

Alghe filamentose, Cianobatteri? Più niente, tutto pulito! Addirittura, mi è capitato di collocare nella vasca dei Rossi delle radici, prese da un altro acquario, completamente ricoperte da una spessa e viscida patina di Cianobatteri e vi posso assicurare che dopo qualche ora si potevano vedere tutte le venature del legno.

Beh, sì certo, anche le piante rischiano di diventare uno spuntino dei nostri voraci amici, ma qualche rischio nella vita d’acquariofili bisogna pur correrlo.

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Messaggio di HCanon » 20/09/2021, 20:18

Parte I - 3

Dopo un paio di anni, come vi ho già detto in occasione della sfiorata tragedia felina, i miei Rossi erano arrivati alle ragguardevoli dimensioni di 15 cm senza coda e quindi tenere pulita la vasca era diventata un’attività piuttosto impegnativa.
6r.jpg
Ora, non sono un detrattore dei senza filtro, ma in un “acquarietto” da un metro scarso, tenere tre energumeni che ca…, ops, scusate defecavano affari che sembravano pitoni, era impresa non facile. Perciò tutte le settimane, per essere precisi il sabato, cambiavo venticinque litri d’acqua e pulivo le spugnette laterali dell’Askoll, senza ovviamente toccare i cannolicchi dello scomparto centrale.

Poi, pur sapendo che i Carassi amano le acque con lento decorso, avevo regolato la portata del filtro al massimo della potenza (nominale 1000 litri orari), per creare correnti che li costringessero, per contrastarle, a fare un po’ di movimento aggiuntivo, così per compensare il problema delle ridotte dimensioni della vasca.

Penso che tutto quel movimento dell’acqua e una durezza con GH intorno a un valore di 15 fossero all’origine di un pH sparato a 8. Per rimediare acquistati per un paio di volte una trentina di litri di acqua osmotica, ma la fatica di doverli portare al terzo piano, senza ascensore, mi fece desistere dai buoni propositi. Devo dire che non ne feci una malattia visto che i tre Carassi, due maschi e una femmina, godevano di buona salute, salvo un piccolo, chiamiamolo, incidente, nel quale uno dei maschi, forse grufolando il ghiaietto del fondale, si ritrovò un labbro deformato.

Ma come nutrivo questi tre bei pescioni? Somministrandogli una dieta varia, composta da cibi secchi, liofilizzai tipo artemia, surgelati vari, i gel della Tetra, piselli sbollentati privati di buccia e uovo sodo, sia il tuorlo che l’albume.

Ho sempre effettuato e non solo per i Carassi, due o tre distribuzioni di cibo al giorno, poiché sono contrario alla distribuzione di un solo pasto giornaliero e alla giornata settimanale di digiuno, e voglio spiegarvi il perché.

In natura, in particolar modo i pesci onnivori e vegetariani difficilmente fanno grandi pasti, ma mangiucchiano quello che trovano durante tutta la giornata. Inoltre, non hanno digiuni programmati. Certo può capitare la giornata che non trovano niente, ma anche a me a volte capita di essere assente un giorno o due, e in quei casi, casuali, fanno digiuno.

Continua ... in teoria con la seconda parte, cioè gli accadimenti che si sono dipanati dal 2018.
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Messaggio di Certcertsin » 20/09/2021, 20:24

Mi piacciono molto le tue storie ..
Dopo leggo con calma ,intanto grazie!

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HCanon (20/09/2021, 22:19)
La pentola guardata non bolle mai.

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Messaggio di malu » 20/09/2021, 21:48

Quoto il buon @Certcertsin .....una storia che appassiona :-bd
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HCanon (20/09/2021, 22:19)

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Messaggio di bitless » 21/09/2021, 0:42

bellissima lettura... grazie!
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HCanon (21/09/2021, 8:33)
mm

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Messaggio di HCanon » 27/09/2021, 22:22

Prima d'inserire la continuazione di "Cronache di poveri Carassi" vi faccio una precisazione: esse vogliono essere un articolo sull'allevamento dei Pesci rossi (per questo avrebbero dovuto comparire nella sezione "Proponi un articolo ...") , ma non del tipo, come ho già scritto anch'io, dove si racconta cosa bisogna fare, ma la cronaca di che cosa ho fatto per cercare di allevarli al meglio, compresi gli errori.

Parte II – Si cambia scenografia

Nonostante il tapis roulant che avevo creato ai miei rossi con il forte movimento generato dalla pompa del filtro, essi ormai raggiungevano i 15 cm senza coda, e in una vasca che misurava a malapena un metro gli bastavano due colpi di coda per andare a sbattere contro una delle pareti.

E allora, dopo circa due anni mi decisi, dovevo acquistare una nuova vasca di dimensioni adeguate ad ospitare i tre Carassi. Mi armai di un metro e misurando la parete dove stava il vecchio acquario, verificai che era possibile collocarci una vasca lunga sino a 160 cm e larga 50.
Subito mi focalizzai su due possibili scelte: o una vasca industriale come la Juvel Rio 450, o una realizzazione artigianale.

Dovevo rivolgermi ad un buon negozio d’acquariofilia e facendo delle ricerche tramite Internet ne trovai uno relativamente vicino a casa mia: Acquarissima 2000. Devo dire che varcatane la soglia del negozio la sorpresa non fu poca; girando lo sguardo verso destra rimasi catturato, no anzi, abbagliato dalla visione di una magnifica vasca marina da almeno 4000 litri. Poi, non feci in tempo a riprendere fiato che volgendo lo sguardo verso destra, un acquario per grossi Ciclidi intorno ai 2000 litri finiva per stendermi dalla meraviglia.

Ancora un po’ inebriato da tutta quell’acqua “viva” mi avvicinai ad un commesso e gli chiesi per l’acquisto di un acquario sui 400 litri. Il ragazzo mi disse che dovevo parlarne con Marco, il proprietario e lesto andò a chiamarlo.
Fu così che conobbi il titolare di Acquarissima 2000, un omone con i capelli lunghi, non proprio filiforme, sui cinquanta anni, con l’andatura dondolante, chissà, forse per qualche acciacco trascurato.

Discutemmo per qualche minuto di dettagli tecnici, ed ebbi l’impressione di avere a che fare con professionista qualificato, cosa che mi indusse ad affidarmi a lui per la costruzione della vasca. Tirai fuori di tasca un foglietto gualcito con le misure dell’acquario da realizzare, e concludemmo il nostro colloquio con le dolenti note del prezzo, 1.500 euro, comprensivi del mobile di sostegno.

Verso metà novembre avvenne la consegna del mio “gioiello”, che però, abitando in una casa di metà Novecento senza ascensore, con la tromba delle scale piuttosto stretta, non fu affatto semplice.

Da “Acquarissima 2000” arrivarono in tre, tutti piuttosto “spessi”. Per primo portarono il mobile, fatto in truciolato, sui 100 kg. Faticarono, ma tutto sommato la “scalata” andò senza troppi patemi.
Poi fu la volta della vasca, 160 per 50 per 60 di altezza con cristalli da 12 millimetri, anch’essa almeno sui 100 kg. Ma qui la sofferenza non fu poca, e non solo quella dei trasportatori …
Come vi ho già detto la scala era stretta, quindi riuscivano a prenderla solo due per volta. Il terzo portava un grosso bidone di plastica, avente la funzione di appoggio per la vasca quando i trasportatori erano stanchi, cosa che appunto fecero giunti sul pianerottolo del primo piano. Ma, non avevano iniziato da molto la salita al secondo che il più grosso dei tre, quello posizionato dietro e sul quale ovviamente gravava quasi tutto il peso dell’acquario, intimo al collega, con tono, direi inquietante, di fermarsi, gli era venuto un improvviso dolore al ginocchio. Il portatore di riserva dovette faticare non poco per subentrare all’infortunato.

La scalata riprese e io che guardavo dal terzo piano trasalivo ad ogni sbandata, temendo di sentire il sinistro rumore del vetro urtare contro il muro.
Ma alla fine il mio “bestione” arrivò sano e salvo a destinazione. Devo anche dire che non protestai quando i tre, invece dei 50 euro che avevo pattuito per il trasporto, me ne chiesero 100.

Rimasto solo passai qualche minuto a rimirare lo splendido parallelepipedo. Il vetro conferisce un fascino tutto particolare agli oggetti, fondendo possenza e leggerezza. Un acquario è bello anche da vuoto.

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bitless (28/09/2021, 1:11)

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Messaggio di malu » 27/09/2021, 23:28

Mannaggia a te....aspettiamo i tuoi segiuti con più curiosità delle puntate di The walking dead :)) :))

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Messaggio di riccardo269 » 29/09/2021, 17:57

bel racconto come sempre!
attendo il seguito🍻
la parte del trasporto su per le scale mi ha fatto venire in mente quando feci montare una porta blindata.
arriva il fabbro piccolo e segaligno poi spunta un gigante che se la porta su a spalla per tre piani e arriva senza manco il fiatone.
aveva le braccia come le mie cosce con tatuato 'slobo" e altri simboli, varie cicatrici in testa e in faccia.
era serbo.
ho pensato fosse una tigre di arkan.
la cosa più impressionante è stata quando ha alzato la porta per incardinarla, sembrava sollevare una porta di tamburato invece di una da 80 kg.
io che sono circa 185 x 90 kg sembravo un nano a confronto.
naturalmente, nonostante qualche riga sul muro, sono stato soddisfattissimo del lavoro.
(scusate la digressione)

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Messaggio di HCanon » 01/10/2021, 21:57

Parte II -2

Ad essere sinceri la mia contemplazione era anche pervasa da una lieve preoccupazione: quattrocento kg di acqua, più duecento kg fra mobile e vetro e almeno un centinaio in arredi, fanno settecento chili. Insomma, era come se mi fossi messo un Bisonte in salotto.

Ovviamente avevo cercato di documentarmi sulla tenuta delle solette, ma risposte certe non ne avevo trovate.

Diciamo che, evitando la collocazione a centro stanza e ponendo la vasca lungo un muro portante, non avrei dovuto avere problemi, e infatti problemi non ne ebbi.

Adesso dovevo rimboccarmi le maniche e incominciare a lavorare sodo, anche perché i miei pescioni non sembravano apprezzare la loro collocazione provvisoria, il vecchio acquario completamente svuotata di ogni arredo e riempita solo a metà.

Non starò a tediarvi su come allestii la vasca, d’altronde i risultati furono così penosi che è meglio stenderci sopra un velo pietoso, così mi limiterò ad esporre solo alcuni dati tecnici.

Come la precedente, anche questa vasca aveva una griglia di protezione dai gatti, questa volta però fatta fare su misura da un amico ferramenta. Avrei potuto portare il livello dell’acqua sino a 50 cm, ma mi limitai a 45 cm per lasciare un po’ di spazio al Potos, trovandomi così 33 litri per il filtro e qualcosa più di 300 a disposizione dei pesci.

Il filtro interno, suddiviso in tre comparti era azionato da una pompa Sicce da 1.350 l/h, regolata al minimo, 450 l/h, infine come illuminazione avevo preso, pagandola una fortuna, una Aquatlantis Easy LED Universal lunga 1.450 mm da 72 w e con 6.257 lumen.
Riguardo ai valori dell’acqua la temperatura era sui 20 C. e il pH era ancora più alto che nella vecchia vasca arrivando a 8,5.
Così avviata dopo una settimana spuntarono le Diatomee (alghe tipiche degli acquari non ancora maturi), che dopo breve divennero una vera invasione.

Ah, e le piante, Limnophila sessiliflora, Egeria Densa e Hygropila Corymbosa, non sembravano crescere bene.
E, diciamolo, un po’ frettolosamente, dopo neanche due settimane, trasferivo i tre Pesci rossi nella nuova vasca, riuscendo così ad ottenere lo “splendido” risultato della nebbia batterica. Comunque, con un piccolo cambio d’acqua il problema rientrò in un paio di giorni e grazie all’appetito dei pesci anche le Diatomee venivano drasticamente ridimensionate.

Nel frattempo, sopravvalutando le dimensioni del nuovo acquario, acquistai altri due Carassi varietà Cometa, una femmina sui 10 cm con stupende labbra rosse e un maschio sui 12 cm.
11r.jpg
Li ospitai per una quindicina di giorni nella vecchia vasca per controllare che non avessero malattie, poi, un po’ precipitosamente, l’introdussi nel vascone con gli altri tre Rossi.
8r.jpg
La convivenza fra i cinque esemplari fu subito buona e formarono un bel gruppo. Sì, lo sappiamo tutti che i Carassi sono pesci socievoli, socievoli ma non di banco. I Rossi non formano gerarchie o stanno insieme per strategie difensive, “semplicemente” provano piacere a vivere con i propri simili, sguazzare insieme e strusciarsi. Mi rendo conto che antropomorfizzare i comportamenti degli animali sia sbagliato, però quando vedo i Carassi nuotare insieme penso a un gruppo di amici affiatati, pronti a far baldoria al minimo pretesto.

Purtroppo, dopo pochi giorni di convivenza, mentre guardavo un po’ sovrappensiero i miei ospiti, notai come degli aloni bianchi sottopelle ai due vecchi maschi. Anche la vecchia femmina, se pur più lievemente, portava i segni della malattia.
Attenzione, non fatevi ingannare dalla foto sottostante, dal vero le chiazze erano molto meno evidenti.
Chilodonella.jpg
Oltre la massa biancastra i tre Carassi malati mostravano altri sintomi: non distendevano le pinne, e il maschio più colpito tendeva anche strofinarsi con movimenti bruschi contro il vetro, oltre ad assumere un’inquietante posizione verticale a testa in giù.
Quello che allora non capii e continuo a non capire tutt’oggi, è come mai i due nuovi venuti non mostrassero nessun segno della malattia: l’avevano o non l’avevano portata loro? E se anche non fossero stati loro gli “untori”, poiché non erano rimasti contagiati a loro volta?
Comunque, passando alla natura della malattia, diagnosticai, con l’aiuto di Internet, un parassita della pelle e delle branchie, il protozoo denominato Chilodonella.

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