Breve ma ambiziosa storia di un acquariofilo
Inviato: 19/01/2020, 18:52
I secondi anni ottanta
Mentre leggevo il nuovo fumetto della Bonelli, Dylan Dog, e tremavo per i mostri reali del disastro di Chernobyl, causa vari traslochi riducevo la mia dotazione di acquari al solo vascone da trecento litri.
In quel periodo accarezzai lungamente l’idea di allevare i Discus, gli indiscussi principi degli acquari di acqua dolce, il sogno di ogni appassionato dell’epoca, ma non mi decisi in tempo: mi prese il drizzone per il marino.
Quando ne parlai ad Andriolo, il mio negoziante di fiducia, gli si illuminarono gli occhi e mi parlò, quasi con fare da cospiratore, di una novità per il filtraggio degli acquari marini, che era da poco arrivata, non so bene da dove, chiamata “Sabbia viva”. Per quanta stima avessi per il mio amico negoziante non ne rimasi convinto e abbozzai. Tale sistema era tipo quello che oggi chiamiamo Deep Sand Bed. Dico tipo, perché se ho capito bene il funzionamento del DSB, la sabbia viva abbisognava anche di un filtro sottosabbia.
Rimasi sul più classico e collaudato filtro biologico interno, senza neanche ricorrere allo schiumatoio, per allestire così un marino tropicale nel quale far convivere i famosi pesci Pagliaccio (Amphiprion ocellaris), con il loro anemone ospite, oltre a qualche altro pesce ed invertebrato che non ricordo bene.
Ma anche il marino tropicale mi andava stretto e fu così che finalmente approdai al più stimolante degli acquari: il “Mediterraneo”.
Incominciai a trascorrere i miei weekend nelle località marittime della Liguria, gironzolando sugli scogli sia sotto il cocente sole estivo che con le più miti temperature primaverili, munito di retini, sacchetti e secchio, per raccogliere pietre incrostate da micro organismi, paguri, alghe, gamberetti (Palaemon), magari qualche bavosetta rimasta intrappolata in una pozza con la bassa marea.
Nei siti con l’acqua più pulita riuscivo anche a trovare gli splendidi Pomodori di mare (Actinia equina).
Inoltre, avevo scoperto che il molo di una delle località più “in” d’Italia, Portofino, era pieno di anemoni e altri pescetti. Era troppo bello, dopo aver mangiato un pezzo della favolosa focaccia ligure, incurante dei “raffinati” turisti che popolavano la raffinata località, andavo a sdraiarmi sul bordo del molo munito del mio immancabile secchio a cercare di raccogliere qualche interessante organismo.
Anche apneista in un metro d’acqua mi ero improvvisato per andare a “caccia” di Bavose e Ghiozzi. Devo dire che fu il momento più divertente della mia carriera d’acquariofilo.
La vita a volte è un po’ strana, cade il “Muro di Berlino” e siamo tutti convinti che più niente fermerà il futuro, ed io, mentre gongolavo con il mio “Mediterraneo”, mi stavo apprestando a vivere un altro esaltante capitolo del mio hobby, purtroppo l’ultimo di quegli anni.
Continua...
Aggiunto dopo 18 minuti 8 secondi:
Mentre leggevo il nuovo fumetto della Bonelli, Dylan Dog, e tremavo per i mostri reali del disastro di Chernobyl, causa vari traslochi riducevo la mia dotazione di acquari al solo vascone da trecento litri.
In quel periodo accarezzai lungamente l’idea di allevare i Discus, gli indiscussi principi degli acquari di acqua dolce, il sogno di ogni appassionato dell’epoca, ma non mi decisi in tempo: mi prese il drizzone per il marino.
Quando ne parlai ad Andriolo, il mio negoziante di fiducia, gli si illuminarono gli occhi e mi parlò, quasi con fare da cospiratore, di una novità per il filtraggio degli acquari marini, che era da poco arrivata, non so bene da dove, chiamata “Sabbia viva”. Per quanta stima avessi per il mio amico negoziante non ne rimasi convinto e abbozzai. Tale sistema era tipo quello che oggi chiamiamo Deep Sand Bed. Dico tipo, perché se ho capito bene il funzionamento del DSB, la sabbia viva abbisognava anche di un filtro sottosabbia.
Rimasi sul più classico e collaudato filtro biologico interno, senza neanche ricorrere allo schiumatoio, per allestire così un marino tropicale nel quale far convivere i famosi pesci Pagliaccio (Amphiprion ocellaris), con il loro anemone ospite, oltre a qualche altro pesce ed invertebrato che non ricordo bene.
Ma anche il marino tropicale mi andava stretto e fu così che finalmente approdai al più stimolante degli acquari: il “Mediterraneo”.
Incominciai a trascorrere i miei weekend nelle località marittime della Liguria, gironzolando sugli scogli sia sotto il cocente sole estivo che con le più miti temperature primaverili, munito di retini, sacchetti e secchio, per raccogliere pietre incrostate da micro organismi, paguri, alghe, gamberetti (Palaemon), magari qualche bavosetta rimasta intrappolata in una pozza con la bassa marea.
Nei siti con l’acqua più pulita riuscivo anche a trovare gli splendidi Pomodori di mare (Actinia equina).
Inoltre, avevo scoperto che il molo di una delle località più “in” d’Italia, Portofino, era pieno di anemoni e altri pescetti. Era troppo bello, dopo aver mangiato un pezzo della favolosa focaccia ligure, incurante dei “raffinati” turisti che popolavano la raffinata località, andavo a sdraiarmi sul bordo del molo munito del mio immancabile secchio a cercare di raccogliere qualche interessante organismo.
Anche apneista in un metro d’acqua mi ero improvvisato per andare a “caccia” di Bavose e Ghiozzi. Devo dire che fu il momento più divertente della mia carriera d’acquariofilo.
La vita a volte è un po’ strana, cade il “Muro di Berlino” e siamo tutti convinti che più niente fermerà il futuro, ed io, mentre gongolavo con il mio “Mediterraneo”, mi stavo apprestando a vivere un altro esaltante capitolo del mio hobby, purtroppo l’ultimo di quegli anni.
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