Anno 2016, il ritorno (Seconda parte)
In ufficio mi ero portato una piccola vasca a cubo che qualcuno mi aveva rifilato, e dentro ci tenevo delle piantine grasse. Un bel giorno, la mia collega dei lunghi viaggi si presentò da me con uno scatolino e al mio sguardo perplesso rispose con un racconto: “L’altro giorno stavo svuotando le valigie, quando ho notato uno strano movimento fra i panni e guardando bene ho visto un insettone, che penso essere un Grillo, ma un Grillo enorme.”.
Guardai torvo la mia amica, incominciavo a sospettare dove volesse andare a parare, ma lei ruppe subito il filo dei miei pensieri e continuò: “Sai, un po’ schifata l’ho preso e l’ho buttato fuori dalla finestra, ma ho sbagliato il lancio ed è rimasto sul davanzale, poi (eravamo a dicembre) l’insettone, cercando un po’ di calore, si è portato sul vetro della finestra e così non ho resistito, mi son fatta prendere dalla compassione e l’ho ripreso e messo in questo scatolino”.
A quel punto il mio sguardo si spostò sul contenitore che la collega teneva in mano, ma prima che profferissi parola riprese a narrare:” Non sapendo bene cosa fare ne ho parlato con mio marito, sai lui è uno che ha il senso pratico delle cose, il quale mi ha subito rammentato di quel mio collega che ama gli animali, cioè tu, e così, e così eccomi qua”.
Certo, amo gli animali, ho tenuto cani, gatti, scoiattoli, criceti, uccelli, ma spesso non tanto per scelta, ma perché io ero quello che voleva loro bene, magari anche più dei cristiani e così la mia amica uscì dalla stanza con lo scatolino in mano, ma vuoto.
Mi ero accollato un bel problema, stavano per iniziare le ferie natalizie e non potevo certo lasciare il mio nuovo protetto, per di più ancora misterioso, per giorni abbandonato a sé stesso.
Telefonai a uno dei miei figlioli perché venisse a prendermi in auto per aiutarmi a trasportare il “cubo” con il suo ospite a casa.
Incominciai ad indagare e così scoprii che si trattava di un Spalacomimus liberiana, per l’appunto un grosso grillo africano. Fortunatamente la mia compagna, oltre a conoscere bene l’inglese, ha una certa dimestichezza con le lingue in genere, poiché del nostro Grillo in Italiano c’era ben poco materiale. Quasi tutto in tedesco, quando andava bene siti spagnoli che traducevano quelli tedeschi.
Alla fine riuscimmo a raccogliere le informazioni per ricreargli un habitat confacente e alimentarlo.
Dopo qualche settimana, preoccupati che non avesse spazio a sufficienza, gli abbiamo anche comprato una nuova casetta.
È vero, la mia dolce signora mi ha aiutato, ma alla fin fine la differenza fra uomo e donna viene sempre a galla, in particolar modo quando si deve fare dimostrazione di coraggio.
Ammirate così la foto allegata per vedere chi è che avuto il “cuore” di prendere in mano la bestia?!?
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Sì, quella non è proprio la mia mano, io avevo paura!
Jiminy, così l’abbiam chiamato, proprio come il grillo del Pinocchio della Walt Disney, è rimasto con noi circa sei mesi, poi purtroppo è morto. Non saprei se era giunto alla fine dei suoi giorni, o addirittura era fin vissuto di più di quanto naturalmente gli sarebbe stato concesso, so che però, anche se può sembrare strano, la mia compagna lo salutò con una lagrima.
Siamo ormai prossimi alla fine del 2018, i miei stupendi rossi sono oltre i quindici centimetri e mi rendo conto che hanno bisogno di più spazio, così comincio ad informarmi sui costi di una nuova vasca. La voglio il più grande possibile e a determinarne le dimensioni finali è lo spazio disponibile su l’unica parete libera della mia molto piccola casa. Un metro e sessanta centimetri.
Sono rimasto per un bel po’ indeciso fra la soluzione industriale, tipo lo Juwel 450 e l’assemblaggio artigianale. Alla fine ho optato per la soluzione artigianale, ma non posso dire di esserne del tutto convinto.
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Ma saltiamo pure a piè pari le vicende del vascone, d’altronde raccontate in “Cronache di poveri pesci rossi”, e passiamo alla mia adesione al forum di AF, visto che ben descrive il cambio d’epoca che un vecchio acquariofilo come me si è trovato ad affrontare.
La sensazione, no, mi sto esprimendo male, il contesto, uhm, troppo, insomma, ciò che ha sempre distinto la mia storia d’appassionato è stata la solitudine. Si, è vero, per un po’ ho avuto un socio, una amica e mia sorella le convinsi a tenere un acquario, ma mai ho trovato un altro appassionato. Penserete: che razza di orso! Certo lo sono, ma non così tanto. Nell’altra mia grande passione, il ciclismo, non ho mai avuto problemi ad avere compagni di scorribande su due ruote.
Con gli acquari è sempre stato diverso, escluso il mio amico negoziante, non ho mai trovato nessuno con il quale condividere dubbi ed esperienze.
E poi cosa trovo? Un forum pieno zeppo di gente che parla di pesci, piante, lampade, filtri e duecento altre diavolerie, un vero e proprio ottovolante di parole e persone e chissà, di amici.
Qui si conclude questa narrazione, l’avevo pensata più ricca di particolari tecnici e invece si è trasformata in una sorta di cavalcata emozionale, in sella a questa nostra magnifica passione.
Fine