Allora. Per iniziare riporto per intero l'articolo. L'autore l'ha pubblicato in internet. I crediti vanno a Davide Farina. Ricordiamo che va sempre citato l'autore. 
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Introduzione 
Andando in giro per forum e gruppi Facebook, è impossibile non notare la 
quantità di post e richieste inerenti la crescita algale nelle vasche, fattore 
spesso indesiderato quanto tutto sommato naturale.
Al contempo, mi sono ritrovato spesso a domandarmi il motivo per il 
quale questi organismi possano attecchire e talvolta prendere il 
sopravvento nei nostri piccoli angoli di natura. A tal punto, ho iniziato a 
considerare le varie ipotesi e i vari rimedi consigliati. Ognuno, dal mio 
punto di vista, presenta delle falle. La chiave per capire le alghe è spesso 
diversa da ciò che viene proposto. Se troppi nitrati o fosfati vogliono dire alghe, allora perchè anche quando questi valori sono pari a zero dovremmo avere lo stesso problema?
Vedremo alla fine dell’articolo che, spesso e volentieri, con un po’ di attenzione, qualche cambio 
d’acqua, un po’ di pulizia e un sacchetto di carbone si possono risolvere molti dei problemi senza 
ricorrere a prodotti antialghe (dei veri e propri rimedi prettamente estetici) né a resine a scambio 
ionico, che non solo non risolvono il problema, ma che spesso oltre a non rimuovere la principale 
causa, la sostituiscono con altri elementi indesiderati, né con l’utilizzo di “piante antialghe”, di cui 
spesso sarebbero necessarie quantità davvero impressionanti per risolvere una situazione già 
compromessa in partenza. 
Per quanto veloce ed ossigenante possa essere una pianta, non sarà mai in grado di contrastare 
in maniera efficace una invasione algale in corso, dato che la si pone comunque in un ambiente 
non ottimale alla sua crescita. E se anche vi riuscisse, vorrebbe dire che il confine tra un ambiente 
“sano” ed uno “non sano” nel caso specifico era davvero molto labile.
La stessa allelopatia, poco indagata e spesso tirata in ballo come panacea di tutti i mali, è in realtà 
un effetto abbastanza secondario: l’alga è indice di un ambiente sporco, e il fatto che un ipotetico 
quanto non identificato veleno naturale ne impedisca o rallenti la crescita non migliora la 
situazione: spazzare la polvere per nasconderla sotto il letto non renderà la nostra stanza più pulita 
e salubre, ma ne darà solo una parvenza. Andremo di seguito a fare luce sulle reali cause 
dell’insorgenza delle alghe, a contrastare alcuni dei miti sulle possibili soluzioni, e i principali 
metodi, spesso e volentieri assolutamente a portata di tasca, che possono contrastarne la crescita.
È inoltre da sottolineare che di seguito non andremo a considerare i vari phylum algali: le cause 
della loro insorgenza sono grosso modo sempre le stesse e le soluzioni da applicare sono efficaci 
ugualmente per tutti i tipi di alghe, diatomee a parte. Quelle che proporremo saranno le soluzioni 
alle cause della crescita e della proliferazione algale, mentre per la rimozione delle alghe già 
cresciute, i metodi già conosciuti, come rimozione meccanica, acqua ossigenata e glutaraldeide, 
resteranno sempre validi. La differenza sarà tra distruggere un’alga ferma o in crescita 
estremamente lenta, e un’alga sana che rilascia un gran numero di spore in un ambiente che ne 
favorirà l’attecchimento.
Il ciclo del carbonio: questo sconosciuto
La maggior parte delle persone non è consapevole che le piante acquatiche, ad esempio rilascino 
in acqua un gran numero di prodotti della fotosintesi (fotosintetato). Si è naturalmente portati a 
pensare che il flusso di sostanze chimiche sia a senso unico, mentre le piante interagiscono con 
l’ambiente che lo circonda molto più di quanto sembri.
Una grande quantità di zuccheri e altri carboidrati, e varie altre sostanze nutritive vengono rilasciati 
dalle piante alimentare alcuni batteri, che a loro volta sono fondamentali per lo sviluppo regolare 
della pianta, ad esempio convertendo minerali come il ferro in forme assimilabili dalla pianta 
stessa.
Si crea in tal modo un ciclo chiuso in cui la pianta fornisce zucchero (e quindi energia) ai batteri 
che in cambio forniscono CO2 ed altri nutrienti alla pianta.
Questo avviene sia nei nostri acquari che nei grandi bacini e corsi d’acqua, ma con una 
fondamentale differenza: i grandi serbatoi e corsi d’acqua consentono la dispersione di questo 
fotosintetato nell’intero volume, mentre in acquario queste sostanze si accumulano e raggiungono 
concentrazioni molto maggiori, specialmente nelle zone in cui il movimento d’acqua sia scarso o 
nullo.
Il materiale accumulato in questo modo sulla superficie delle foglie, assieme allo strato di batteri 
che se ne nutre, agisce come una barriera che impedisce l’efficace assorbimento delle sostanze 
nutritive, della luce e dell’anidride carbonica. La pianta smetterà quindi di produrre fotosintetato, 
fermando la crescita dei batteri, che quindi porteranno meno nutrienti alla pianta, in un vortice che 
causerà un tracollo del microhabitat che si era andato a creare. In questo punto, si crea l’ambiente 
ideale alla crescita delle alghe.
È questo il classico caso delle Anubias o altre piante a crescita molto lenta poste sotto luce intensa 
con poco flusso d’acqua. Basterà aumentare il flusso d’acqua sulla pianta, e diminuire un po’ la 
luce per arrestare la crescita dell’alga, e rimuovere quella già cresciuta con i mezzi a nostra 
disposizione.
Un interessantissimo resume di Marcel Golias ha portato alla luce che, misurando il carbonio 
organico disciolto in vasche diverse, anche con quantità di azoto e fosforo molto comparabili, le 
alghe si sviluppassero solo dove la quantità di carbonio disciolto superava i 5 mg/l.
Allo stesso modo, non risulta congruente collegare la unica presenza del nitrato e del fosfato in 
acqua con alcune prove effettuate da Tom Barr con il suo Extimative Index: il famoso acquariofilo 
americano è riuscito a portare avanti una vasca di grandi dimensioni con concentrazioni di nutrienti 
minerali dieci volte superiori al necessario e forte illuminazione senza l’ombra di un singolo 
filamento. Questo ci aiuta a capire che fertilizzare con nutrienti inorganici come nitrato e fosfato, o 
la loro semplice presenza, non ha alcun impatto apprezzabile sulla crescita delle alghe, o 
quantomeno sul loro avvento.
Ma allora, potreste domandarvi, perché non andiamo a misurare il carbonio organico disciolto in 
acqua in maniera diretta? I motivi sono molteplici. Non esiste un metodo generale sicuro, veloce e 
atossico da utilizzare in casa con reagenti in boccetta. Esistono delle sonde elettroniche che 
effettuano letture anche in continuo, ma il costo di esse è abbastanza importante e la lettura sarà 
influenzata non solo da amminoacidi, zuccheri e acidi carbossilici facilmente assimilabili, ma anche 
dai polifenoli che vengono aggiunti con le foglie di catappa, pigne di ontano, o rilasciati 
semplicemente dai legni. Queste molecole sono difficilmente degradabili da parte dei 
microrganismi e non sono utili ad una cellula dal punto di vista energetico, quindi possono persistere in acqua per molto tempo. La lettura diretta del carbonio disciolto, in poche parole, non è 
applicabile a tutti i casi, o comunque non è particolarmente indicativa. L’importante, però, è sapere 
che se si iniziano a vedere delle alghe in vasca, vorrà dire che in quella zona o in tutto l’acquario è 
presente un eccesso di carbonio organico, e che basterà aumentare il movimento d’acqua nella 
zona colpita o “ripulire” l’acqua per contrastarlo.
Mixotrofia: ancora più sconosciuta 
È riconosciuto da tempo[1], ma comunque non riconosciuto dai più, che alcune alghe, o comunque 
organismi considerati tali dagli hobbisti, siano mixotrofe, ovvero che siano in grado di sfruttare per 
la loro crescita sia la fotosintesi sia delle molecole semplici, come glucosio, acido acetico, acido 
lattico ed amminoacidi, che sono tra i principali costituenti del fotosintetato. Se questo è vero per 
alcuni protisti[1], lo è anche per alcune alghe verdi[1][2] e diatomee[3] ed alghe rosse, come le bba[4].
Sebbene i batteri eterotrofi beneficino del fotosintetato delle piante quanto di quello delle alghe, i 
casi in cui i due organismi vanno in competizione sono molto più elevati di quelli in cui 
l’associazione porta benefici ad entrambi[5].
I batteri, infatti, si riproducono molto più facilmente delle alghe, ed essendo più piccoli riescono 
anche ad occupare più superficie. Per tali motivi, essi sono considerati i migliori competitori delle 
alghe per quanto riguarda l’assorbimento dei nutrienti. Prove di colture miste, ovvero di alghe e 
batteri nello stesso mezzo, hanno infatti dimostrato che i batteri sono in grado di assorbire dal 97 al 
100% della quantità di fosfati disponibile, almeno nelle prime fasi, tagliando completamente fuori le 
alghe dalla competizione per i nutrienti, e quindi dalla crescita.
Allora, direte voi, perchè associamo l’eccesso di nitrato o di fosfato all’insorgenza delle alghe? La 
pratica di andare a leggere la quantità di macroelementi in acqua non è sbagliata in sè, perchè 
soprattutto dove questi non vengano aggiunti con il protocollo di fertilizzazione, saranno 
unicamente di natura biologica, ovvero vengono prodotti dall’accumulo di mangime in eccesso, 
foglie morte, escrementi di pesci, flora batterica morta. Sono infatti questi, assieme ai “fanghi 
batterici” che si accumulano tra i cannolicchi e le spugne del filtro, a portare i maggiori problemi: 
una volta che questo materiale andrà in decomposizione, rilasciando amminoacidi e carboidrati in 
acqua, dove non arriveranno i batteri, arriveranno le alghe.
Ciò che conta sapere, a tal punto, però, è che le alghe non sono fatte di solo azoto e fosforo, ma 
soprattutto da carbonio. Rapportando il peso dello ione nitrato alla percentuale di azoto 
mediamente contenuta in una proteina, questo vorrà dire che il valore del carbonio organico, solo 
di origine proteica, prodotto sarà del 40% superiore. A questo andrà aggiunto poi il carbonio di 
origine lipidica e da carboidrati, si otterrà grosso modo il doppio, ma anche di più, di carbonio 
organico dissolto in acqua in quantità.
Le grandi quantità potrebbero fare in modo tale che i batteri eterotrofi non ce la facciano ad 
assimilare tutto, e la quantità in eccesso potrà favorire la germinazione delle più lente alghe.
Luce e alghe: il vero funzionamento
“Ma cambiando le luci a me sono finite le alghe, come mai?” è un altro dei temi di cui spesso ci si 
ritrova a disquisire. Si, cambiare le luci può avere un effetto. Non tireremo in ballo l’assorbimento 
delle ficocianine, ficoeritrine e ficobiline: una lampada esausta emette semplicemente un flusso 
luminoso minore, ma non cambia la lunghezza d’onda dei picchi di emissione.
“Ma a me ha funzionato…” Certo, certo che può funzionare! Se i tubi a fluorescenza emettono 
meno luce, le piante riceveranno meno luce, produrranno meno fotosintetato, quindi la flora batterica che si era sviluppata calerà, ma calando produrrà del carbonio disciolto, e ci saranno 
meno batteri a “digerirlo”, quindi l’alga potrà tranquillamente stanziarsi. Riattivare il giusto equilibrio 
piante-batteri può tagliare fuori l’alga dalla possibilità di germinare. 
Alcuni studi[2][4][5] riportano inoltre che in presenza di meno luce, l’assorbimento di nutrienti organici 
da parte delle alghe viene aumentato in maniera esponenziale. L’aumento della quantità di luce, al 
contrario, ne rallenta l’assorbimento. In sostanza, l’alga è ben contenta di assorbire queste 
semplici molecole organiche anche al buio, ma in presenza di luce la fotosintesi rallenterà 
l’assorbimento. Diminuire la quantità di luce, in questi casi, senza “ripulire” l’acqua dall’eccesso di 
sostanza organica, vorrà dire non cambiare assolutamente nulla.
Allo stesso modo, l’aumento repentino della quantità di luce (come nel passaggio da tubi a 
fluorescenza a LED, o nel caso di potenziamento del parco luci) può portare un aumento 
improvviso del fotosintetato prodotto dalla pianta, in maniera tale che la flora batterica che si era 
stanziata fino a quel momento non riesca a smaltire tutto. E a quel punto l’alga può approfittarne.
Sappiate comunque che la luce non è sempre la reale causa, o almeno non lo è mai direttamente.
Risolvere il problema 
Chiunque abbia frequentato il gruppo per qualche giorno, non avrà fatto a meno di notare che 
consiglio l’utilizzo di carboni attivi in quantità impressionanti.
Il carbone attivo, infatti, serve a rimuovere proprio il carbonio organico disciolto in acqua, in tutte le 
sue forme, e non è utile solo dopo trattamenti con medicinali, ma anche a “ripulire” l’acqua dagli 
accumuli organici che si formano col tempo.
L’utilizzo di un sacchetto di carbone nel filtro due/tre volte l’anno, in concomitanza con la pulizia del 
filtro e la regolare aspirazione dei detriti dal fondo ai cambi d’acqua, aiuteranno parecchio a 
contrastare l’insorgenza delle antiestetiche alghe, o a fermarne l’avanzamento, una volta che si 
siano già stanziate in vasca. Il segreto è tenere l’ambiente pulito.
In presenza di una invasione algale conclamata, pulire tutto il materiale filtrante e immettere 
carbone, e aumentare la frequenza e la quantità dei cambi d’acqua è l’unica soluzione efficace alla 
causa.
Per le alghe già formate, qualsiasi trattamento “cosmetico” per la rimozione sarà efficace. Se 
l’utilizzo di alghicidi è efficace ma poco consigliabile per i possibili effetti collaterali che i principi 
attivi hanno sulla salute anche a lungo termine della fauna, trattare i punti colpiti con acqua 
ossigenata o glutaraldeide, o se possibile rimuovere le foglie colpite in maniera meccanica saranno 
tutti egualmente efficaci.
Per pietre e legni, qualora si volesse velocizzare la pulizia, basterà porli per 10 minuti in acqua 
bollente e spazzolarli dopo per eliminare sia le alghe che le spore.
Allora, parto dalla luce, dove è il campo in cui son più preparato. 
Scrive che nel tempo varia la potenza del flusso e non lo spettro. Questo è vero per i LED, se sottoposti a una certa temperatura per molto tempo essi calano di efficienza e la corrente che passa è sempre minore. Si allontanano sempre di più dal concetto di diodo ideale. Tuttavia la frequenza dell'onda emessa è sempre la stessa, perché i fotoni rilasciati dai LED dipendono dal drogaggio stesso, perché quando un elettrone lascia un atomo per colmare una lacuna emette dei fotoni a una frequenza determinata e certa che dipende proprio dall'elemento della base, e dal drogaggio. 
Pensate che tutti i diodi emettono questi fotoni, la differenza tra i LED e gli altri è che negli altri questi fotoni non son nel campo visibile. 
Ora i neon, anche se esistono i LED da tempo, le lampade tubolari ricoprono ancora una buona fetta di mercato. 
Esse con il tempo si degradano, sia fisicamente che lo strato di fosforo che le ricopre. Esso, degradandosi varia lo spettro della lampada, quindi l'articolo in questo punto è errato. Lo spettro tende a tornare alla forma emessa dal gas stesso. Ovviamente anche il flusso diminuisce. In alcune case produttrici viene pubblicata anche la diminuzione del flusso in funzione alle ore di accensione. La diminuzione pubblicata è spesso relativa, cioè dicono che dopo x ore, il flusso cala al 90%, quindi perdiamo un 10%. Dove va questo dieci percento? Ammessi non malfunzionamenti dell'accenditore, esso viene emesso in fasci di luce non visibile. Proprio a causa del rivestimento della lampada che dopo tanto tempo si sta degradando. 
Ed ecco il consiglio di cambiare lampada, spesso è utile, ma come dice giustamente l'articolo non è sicuramente l'unica causa delle alghe. 
Concludo il pezzo riportando alcune esperienze. In un acquario ho una PL da parecchi anni. Se confrontata con una identica nuova, si vede ad occhio nudo che emette molta meno luce! Tuttavia non ho alghe, ma questo perché ci son piante divoratrici di nutrienti e la luce che passa è fievole. Troppo anche per il proliferare di alghe. 
Il mio consiglio è di cambiare la lampada tubolare perché in presenza di piante più esigenti, avere meno luce pesa parecchio all'equilibrio. E anche per una maggiore efficienza. 
Dopo parlerò ed esporrò anche la mia opinione sul legame alghe luce, che non trovo così semplice come esposto dell'articolo. Anche se è una buona approssimazione. 
Il prossimo pezzo a dopo lavoro, devo scappare ora!  
