Buona sera a tutti!
Mi permetto di riesumare questo thread perchè recentemente ho letto su un sito tedesco un altro articolo interessante sulla allelopatia e vorrei condividerlo con voi. L'articolo è stato scritto nel 2009 e probabilmente potrebbe essere in parte o del tutto "superato".
Ovviamente ho chiesto permesso all'autrice signora Maike Wilstermann-Hildebrand che mi ha dato il suo benestare. Mi scuso in anticipo per alcune imprecisioni ma alcuni termini non sono facili da tradurre (anche per mia ignoranza su alcuni temi).
Lungi da me voler fare polemica, ma ritengo interessante leggere anche un altro punto di vista sulla allelopatia, di cui l'autrice non nega l'esistenza ma guarda con occhio critico soprattutto l'aspetto relativo allelopatia tra piante in acquario.
Spero possa essere di vostro interesse.
P.S. Il sito della signora Wilstermann- Hildebrand è interessante. Ecco l'indirizzo:
https://www.heimbiotop.de/
Il tema dell’allelopatia in acquario
Di frequente chi allestisce un acquario viene avvertito che piante di diverse specie non possono essere coltivate insieme, perché potrebbero avvelenarsi a vicenda. Per questo motivo Vallisneria e Cryptocoryne, Echinodorus e Cryptocoryne non potrebbero essere coltivate insieme in acquario. Questo però è sbagliato. Ognuno di questi abbinamenti oppure i tre tipi di piante possono essere coltivati insieme in un acquario, come so bene per esperienza personale. Tuttavia, bisogna tenere presente che non ci deve essere competizione tra le piante per le sostanze nutritive e la luce. Inoltre, le condizioni dell'acqua devono essere almeno accettabili per tutte le piante. Questo però non ha niente a che fare con l'allelopatia, perché qualsiasi pianta a stelo o lenticchia d’acqua (ndr Lemna) può rubare la luce a una piccola Echinodorus, e se il pH non è giusto, le piante moriranno a prescindere da cosa viene piantato accanto a loro.
Nei vivai di piante acquatiche, l'acqua viene ricircolata da un serbatoio di raccolta sui tavoli di coltura ed entra in contatto con le radici delle Cryptocoryne, così come quelle dell'Echinodorus e di altre specie. Alcune piante stanno insieme sui tavoli. Tuttavia, le piante non muoiono. Le stesse radici non secernono una quantità di sostanze chimiche tale da causare inibizioni nella coltura acquatica.
La discussione sull'allelopatia in acquario è stata purtroppo riaperta da Diana Walstad quando ha pubblicato il suo libro "Ecology of the Planted Aquarium". Ha dedicato un intero capitolo all'argomento ed ha elencato in lunghe tabelle le sostanze chimiche presenti nelle piante. Tutte queste "sostanze chimiche" fanno parte del sistema di difesa della pianta e vengono prodotte in caso di stress causato da un attacco fungino, batterico o dalle attività di alimentazione degli animali. Per esempio, le acacie producono tannini tossici per scoraggiare le giraffe, il tabacco contiene nicotina ed il caffè contiene caffeina.
L'acido caffeico (acido 3,4-diidrossicinnamico) non si trova solo nel caffè, ma anche in molte altre piante. Una lista di esempi può essere trovata nel Liber Herbarum. L'acido caffeico ha un effetto antibatterico e fungicida, cioè protegge la pianta da funghi e batteri. Nella medicina umana è usato, tra l'altro, come agente antinfiammatorio e per la protezione dal cancro. Poiché è stato trovato anche in Acorus gramineus, Ceratophyllum demersum, Elodea canadensis, Egeria densa, Myriophyllum spicatum, Pistia stratiotes, Stratiotes aloides e Vallisneria spiralis, Walstad lo considera un "allelochimico". La ragione principale è che Walstad considera "allelochimiche" tutte le sostanze chimiche che danneggiano qualcosa. Ma questo è sbagliato per definizione!
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Cos'è l'allelopatia?
Il termine allelopatia è stato coniato da Molisch nel 1937 e descrive le interazioni chimiche tra piante e microrganismi. L’etimologia della parola riporta al greco antico e significa “sofferenza reciproca”
Questo distingue chiaramente il danno causato dall'allelopatia dal danno abiotico, dall'infestazione di parassiti e dalle malattie. Nel nostro caso, il termine si riferisce alle relazioni tra piante superiori, tra alghe o tra piante superiori e alghe.
Ci sono molte ricerche scientifiche che hanno dimostrato l’esistenza dell'allelopatia nelle piante terrestri. Così, le sostanze allelopatiche secrete possono inibire la germinazione della propria specie o di altre specie. Per esempio, le spore della maggior parte dei funghi parassiti non germinano nel loro luogo d'origine (RICE 1994).
Gli aghi di abete rosso contengono sostanze che inibiscono la crescita delle piantine di abete rosso. Tuttavia, l'effetto è più pronunciato verso le piantine di pino (BUBLITZ 1953). Sostanze tossiche che inibiscono la colonizzazione da parte di altre piante sono state trovate anche nello strato di lettiera sotto il pino rosso giapponese (Pinus densiflora) (RICE 1994). Gli isoflavoni si formano nel trifoglio rosso (Trifolium pratense), che vengono degradati in fenoli durante la marcescenza, che sono tossici per il trifoglio (HEß 1999). Tutte queste sostanze vengono rilasciate solo quando le parti della pianta si decompongono.
La vegetazione arbustiva sempreverde che cresce in California, la chaparral, è interamente caratterizzata dall'effetto allelopatico di poche specie. Una specie dominante è l’Adenostoma fasciculatum (Rosaceae). Intorno a queste piante, si forma un’area libera da piante erbacee e graminacee. La causa potrebbe essere identificata nelle sostanze fenoliche secrete delle foglie, che vengono dilavate dalla pioggia e raggiungono il suolo. Gli arbusti e le sostanze fenoliche del suolo vengono distrutti quando si verificano gli incendi. Dopo l'incendio, le graminacee e le piante erbacee crescono nuovamente in queste aree. Dopo alcuni anni, i nuovi cespugli germogliati formano nuovamente delle zone di inibizione e viene ripristinata la vecchia condizione (HEß 1999).
Il Parthenium argentatum è una pianta deserticola che viene coltivata in piantagioni negli Stati Uniti per la produzione di caucciù. Nelle piantagioni, le piante marginali crescono meglio di quelle centrali. La causa è un acido cinnamico che viene secreto dalle piante attraverso le loro radici. La sostanza ha un effetto tossico sulla stessa specie e su altre specie. In natura, le distanze tra le piante sono così grandi che non ci può essere competizione per l'acqua (HEß 1999).
L'effetto dell'eucalipto sulle altre piante si estende fino a una distanza di dieci metri dal tronco e dura fino a quattro anni dopo l’estirpazione. Tra l’altro vengono danneggiati il mais, le arachidi e le specie di miglio (NARWAL 1994).
Gli essudati radicali del meliloto bianco (Melilotus alba) inibiscono la germinazione del loietto (Lolium multiflorum). Questa inibizione varia in intensità a seconda del terreno di coltura. Gli esperimenti di laboratorio su carta da filtro hanno mostrato che sono sufficienti quantità molto inferiori a quelle in coltura su sabbia quarzifera o in una soluzione nutritizia (KNAPP 1967). Börner (1960 a) ha studiato in coltura acquatica gli effetti di varie piante erbacee spontanee su cereali e patate. Ha scoperto che i cereali sono stati agevolati in molti casi, mentre le patate sono state per lo più inibite nella loro crescita. La segale e l'avena hanno avuto un forte effetto inibitorio sulle erbacce. L'orzo e il grano, invece, avevano solo un leggero effetto inibitorio.
Dato che le sostanze rilasciate non colpiscono solo le piante, ma tutti gli altri organismi viventi nel suolo, un danno alla pianta può verificarsi anche indirettamente. Per esempio, le escrezioni del brugo (Calluna vulgaris) inibiscono la micorriza dell'abete rosso (Picea abies) e quindi anche la crescita dell'albero (RICE 1994).
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Prodotti di decomposizione tossici
Principalmente però, sono i prodotti di decomposizione delle parti morte delle piante ad avere un effetto nocivo. Le tossine vengono rilasciate dai residui del raccolto di varie piante durante la degradazione biologica. Per esempio, l'amigdalina viene rilasciata dai residui della radice del pesco. La sostanza in sé non ha effetti negativi sulle piantine di pesco, ma viene degradata da microrganismi a glucosio, acido cianidrico e benzaldeide. La benzaldeide inibisce la respirazione delle radici e porta all'imbrunimento delle punte delle radici (KNAPP 1967, BINDRA 1970, GUR ET AL. 1988). Pythium, nematodi e attinomiceti sono danneggiati dall'amigdalina e da altri residui radicali di pesco o dai loro prodotti di degradazione (ISRAEL ET AL. 1973). L'effetto negativo di un pre-coltura di riso (Oryza sativa) su riso o soia (Glycine max) è causato da acidi carbossilici fenolici provenienti dalla biodegradazione della paglia di riso. Le sostanze sono tossiche per il riso e i batteri Rhizobiaceae della soia (Bradyrhizobium japonicum). Se la paglia viene bruciata, non vengono prodotte tossine e non si verificano danni (RICE 1994, HEß 1999).
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I residui colturali del miglio (stoppie e steli) inibiscono la crescita del grano e dell'avena (GRÜMMER 1955). Secondo SCHRÖDER (1975), la lavorazione della paglia ha un effetto positivo sulla coltura successiva anche se i fenoli dei residui di paglia possono avere un effetto erbicida. Anche le secrezioni di microrganismi simbionti possono portare ad una crescita inibita delle piante.
Vengono descritte varie reazioni allelopatiche che possono essere dovute a interazioni tra diverse specie micorriziche. Per esempio la Deschampsia flexuosa, che forma una micorriza vescicolare arbuscolare (VAM), inibisce la crescita del brugo (Calluna vulgaris), con micorriza ericoide, e della betulla pelosa (Betula pubescens), con micorriza ectotrofica. La gramigna altissima (Molinia caerulea) ostacola la rigenerazione dello strato di alberi attraverso il suo VAM (DÄGLING 1994).
Anche l'assenza di microrganismi può avere un effetto negativo. Le sostanze tossiche del sorgo sono degradate dalle specie Trichoderma e Aspergillus (muffe). Se i funghi sono assenti, per esempio su terreni sabbiosi leggeri, allora si verificano problemi di ricrescita nel sorgo dopo il sorgo (RICE 1994).
L'allelopatia non si limita solo al suolo. Le escrezioni fogliari (COBOUN 1994) e persino il polline di alcune piante (RICE 1994) possono influenzare la crescita o la fruttificazione di altre. Anche senza la produzione di sostanze tossiche, le piante influenzano il suolo del luogo in cui crescono. Per esempio, dopo una recessione glaciale, gli ontani dominano la zona per un breve periodo. La decomposizione del fogliame di ontano porta a un'acidificazione del suolo. Di conseguenza, gli abeti rossi possono migrare nella rispettiva area e spostare gli ontani. In questo modo, si verifica una successione naturale (CAMPBELL ET AL. 1997). Nel corso della sua vita, un albero influenza il suo substrato e quindi causa un cambiamento nello spettro delle specie nella rizosfera (DÄGLING 1994).
Allelopatia in acquario?
Anche se il termine viene usato da decenni, mancano ancora prove convincenti dell'esistenza dell'allelopatia negli ecosistemi acquatici. Naturalmente, le piante acquatiche o le piante palustri che crescono sott'acqua contengono anche sostanze chimiche per proteggersi dai predatori. È stato dimostrato che le piante acquatiche rilasciano tali composti chimici nell'acqua. Ma questo non significa che queste sostanze danneggino anche altre piante acquatiche. E’ difficle dare una dimostrazione al riguardo
In natura, tale prova non può essere data perché troppi fattori influenzano il sistema. Nella seguente tabella vengono elencati alcuni di questi fattori di disturbo.
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In laboratorio, è stata dimostrata l'efficacia di alcune sostanze chimiche prodotte dalle piante acquatiche contro altre piante. Tuttavia, questi esperimenti sono per lo più lontani dalla realtà.
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C'è ora la prova che le sostanze rilasciate in situ dalle piante acquatiche possono effettivamente inibire almeno alcune specie algali. Wu Cheng et al. (2008) sono riusciti a dimostrare che le sostanze presenti nell'acqua di coltura del Myriophyllum aquaticum inibiscono la crescita del cianobatterio Microcystis aeruginosa. All'Università di Costanza (Hilt & Gross 2006) è stato studiato il Myriophyllum verticillatum per il suo effetto inibitorio contro i cianobatteri. I risultati non hanno portato ad una certezza inconfutabile.
L'effetto inibitorio in situ (cioè nel lago) è maggiore in agosto. Tuttavia, un'influenza significativa sul contenuto di clorofilla a e un'inibizione del fotosistema II è stata rilevata solo per Limnothrix redekei e Stephanodiscus minutulus. Scenedesmus armatus è stato, al contrario, favorito nella crescita e a luglio è stato rilevato un aumento anche per il Stephanodiscus minutulus. Ci sono prove che le sostanze allelopatiche promuovono gli organismi bersaglio in basse concentrazioni e li inibiscono solo in grandi concentrazioni. Tuttavia, il Myriophyllum rilascia anche fosfato nell'acqua, che le piante assorbono dal sedimento. Questo a sua volta promuove la crescita delle alghe e contrasta l'effetto negativo dell'allelopatia.
Nell'acquario, non ci sono prove di effetti allelopatici tra diverse piante superiori. L'effetto delle piante superiori contro le alghe si basa sul prelievo di nutrienti dall'acqua. Le "incompatibilità" di diverse piante d'acquario sono causate dalla competizione o da condizioni di vita sfavorevoli per una delle specie.
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